Идем на почту в дождь :-) Andando alla posta sotto la pioggia

2014-11-05 16.10.41Lezione quattordici. Quattordicesima lezione.

Andando alla posta sotto la pioggia.

Prima parte

Firenze. 14 Giugno.

Carissima Emilia solo due righe per dirti che siamo a Firenze dai Landicci e che ti aspettiamo per il fine settimana. I Landicci sono molto contenti di averti a casa loro. Ieri mentre parlavo di te è arrivato il loro genero Antonio. Mi ha detto che ti ha conosciuto tre anni fa quando abitava a Milano e mi ha chiesto se tu stavi per caso cercando un nuovo lavoro. Adesso lui è direttore di una societa sportiva a Firenze e ti offrirebbe un posto d’assistente. Ti interessa? Pensa ci in questi giorni e quando verrai giù ne parleremo. Affettuosi saluti. Paolo

Gentilissima Signorina, Emilia Tosi. Corso Venezia, 24 20121 Milano

 

Seconda parte. Bisogna andare alla posta.

— Che cosa pensavi di fare oggi?

— Pensavo di uscire con la mamma.

— Allora, uscite subito. Più tardi previsto un temporale.

— Hai bisogno di qualcosa?

— Se non vi dispiace vi do questo rapporto da spedire.

— Solo meglio andare alla posta centrale. Come lo mandiamo?

— Raccomandato, via aerea e inbuccate anche questa lettera per Emilia, per favore.

— ‘E ancora aperta?

— Sì, aggiungete anche i saluti se volete.

— Ma anche franco Bollo. Espresso o normale?

— Espresso. Dove dovete andare voi?

— Volevamo andare da Antonio e Susanna. Il suo bambino non stava tanto bene ieri e pensavamo di passare anche dal tabaccaio.

— Allora prendete una scatola dei miei soliti sigari e comprate mi anche il giornale, per piacere.

Brutto tempo.

— Che tempo fa?

— Brutto. Il cielo è coperto e minaccia temporale.

— Aspetta. Vengo a vedere. O, comincia piovere. Usciamo lo stesso?

— Per forza. Dobbiamo spedire della roba per papà.

— Non hai freddo tu?

— Sì, penso di mettere la gonna nera di lana e la camicetta celeste con un bel golf pesante.

— Io ho questo vestito di cottone, è un po’ leggero. Mi dai il suo prabito giallo e le scarpe da pioggia.

— Eccoli. Non trovo l’ombrello.

— Chiedi lo alla mamma di Marino. Tu non hai anche un impermeabile.

— Sì, ma è così vecchio e brutto. Lo portavo quando avevo sedici anni.

— Ma dai! Non fare la sciocca, con gli stivali starà benissimo e almeno non prendi la pioggia.

Sale e tabacchi.

— Vorremmo due pacchetti di Nazionali con filtro, due scatole di Cerini de sigari e… Quante cartoline Giovanna?

— Dodici e ci dia anche i franco bolli, per favore.

— Solo saluti?

— Sì, e sei per lettera normale.

— Prendiamo anche una ventina di buste.

— Scusi, dove possiamo di trovare dei giornali?

— Nel edicola sul orso, signorina.

Di ritorno.

— Siete già qui?

— Sì, siamo bagnate fradice.

— Non avevate ombrello?

— Sì, guarda come piove.

— Poverette,  venite a prendere un caffè.

— Avete fatto tutto?

— No, pioveva troppo e la mamma aveva paura dei tuoni e dei lampi.

— ‘E partito il rapporto per l’Olanda?

— Ma ch’è confusione alla posta. Mentre lo spedivo c’erano due signori che avevano fretta e cercavano di passare davanti agli altri. L’impiegato non capiva più niente.

— Date mi la ricevuta, per piacere.

— Prendi la dalla mia borsa in anticamera Giovanna. Porta mi anche un paio di pantofole, per favore.

 

Terza parte.

In un portone.

— Hai visto come piove?

— Che tempaccio. Sembra di essere d’inverno.

— Io sono senza ombrello.

— Anche io, volevo prenderlo prima di uscire.

— Hai paura dei lampi?

— No, ma della pioggia — sì

— Ce la fai ad attraversare la strada?

— No, guarda, un taxi libero. Chiama lo.

 

Alla posta centrale.

— Vorrei spedire questo pacchetto.

— Normale?

— No, via aerea.

— Che cosa contiene?

— Documenti

— Non vuole farlo raccomandato?

— Sì, forse è meglio.

— Allora fa settecentocinquanta lire.

 

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